Quanto il senso di piacevolezza percepito durante l’assaggio del vino è condizionato dal prezzo della bottiglia?

Immaginate di ricevere un invito a cena da un amico lontano e che lasci a voi l’arduo compito di portare del vino. Sperate, allora, di non far brutta figura cercando di effettuare un acquisto più selezionato possibile e, allora, ricordate di una bottiglia che vi è particolarmente piaciuta e decidete di ricomprarla. Se siete dei veterani o grandi estimatori sicuramente saprete qual è la scelta più idonea e vi presenterete con una bottiglia di vino bianco o rosso di ottima qualità; invece, se siete dei “degustatori amatoriali” è probabile che orienterete la vostra scelta sulla comunissima linea del “più costa e più è buono” e seppur il “bevi quello che paghi” abbia un fondo di verità talvolta non  è sempre una regola vigile.

Per cui, memori di un’esperienza passata acquistate un vino precedentemente assaggiato ma seppur non possediate particolari conoscenze in merito ricordate fosse gradevole, profumato seppur costoso. Quindi, non volendo certamente sbagliare, decidete fieri di acquistarla seppur meno fieri del portafoglio.
Tutti abbiamo almeno una volta abbiamo valutato la qualità di un vino dal rapporto qualità-prezzo senza aver provato quel vino in precedenza o senza averne conoscenze particolari su proprietà e caratteristiche; eppure ci aspettiamo che sia buono. Per cui la domanda sorge ovviamente spontanea: Perchè e come la percezione di piacevolezza e l’aspettativa di buona qualità sono influenzati dal prezzo della bottiglia?

Questo fenomeno è stato approfondito da alcuni studiosi che 2017 hanno pubblicato un articolo in cui è spiegato quali sono i meccanismi a livello cerebrale che modulano l’aspettativa di piacevolezza e la percezione di piacevolezza stessa postuma all’assaggio.

I circuiti che sottendono tale meccanismo veicolano funzioni legate alla capacità di prendere delle decisioni, alla motivazione all’azione diretta ad uno scopo, alla ricerca della ricompensa in seguito all’apprendimento di un’ aspettativa positiva (o negativa) in seguito una precedente esperienza gradevole (o sgradevole). Tutti questi elementi sono modulati da specifiche aree cerebrali ed il ruolo preminente è creare una certa quota di coerenza tra quello che ci si aspetta, in questo caso la bontà del vino, ed il prezzo ed in seguito la decisione di acquistarlo. Insomma, affinché questo meccanismo si azioni, è necessario che ci sia un’esperienza passata che possa garantire la proporzionalità diretta tra prezzo e bontà del vino e la possibilità di prevedere questa relazione anche in un futuro prossimo acquisto. In aggiunta, se ricordiamo di aver particolarmente gradito un vino con un prezzo più che modico, la percezione di gradevolezza sarà accompagnata da un ricordo con valenza emotiva che attiverà una serie di sensazioni positive che porteranno quindi ad associare quel vino ad un’esperienza affettiva positiva e quindi all’acquisto.

Ma cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.

Secondo la ricerca, Il circuito primariamente implicato è il Brain’s Valutation System (BVS) che sembra avere un ruolo importante nell’aspettativa positiva o negativa di un evento futuro a partire da un’esperienza pregressa dello stesso evento. Sicuramente qualcuno di voi ha già sentito parlare di Dopamina: la dopamina è un neurotrasmettitore secreto al livello più profondo del nostro cervello ed è connesso al piacere ed alla ricerca della ricompensa ma ancor di più all’apprendimento associativo tra uno stimolo ed una risposta. L’associazione “stimolo-risposta” innesca dei meccanismi di apprendimento e più l’associazione si ripete e più la dopamina è secreta favorendo, quindi, il rinforzo dell’apprendimento associativo e con esso la valenza emotiva che noi vi attribuiamo. Quest’ associazione ormai appresa si fisserà in memoria e ci permetterà di prevedere l’esito futuro quando andremo ad effettuare la medesima associazione. Per cui accade che creiamo un’aspettativa che ci motiverà a ripetere il comportamento e questo, nei termini della ricerca, vuole spiegare che se in precedenza abbiamo esperito la relazione attribuendo una valenza emotiva positiva “qualità-prezzo” allora, il nostro cervello, attiverà a priori lo stesso circuito del piacere rilasciando dopamina e percepiremo un senso ricompensa anche in assenza dell’esperienza gustativa vera e propria e questo indurrà il nostro cervello a “tradurre” il prezzo del vino in senso di piacevolezza.

Questo circuito comprende una parte della nostra corteccia cerebrale collocata in profondità, la corteccia prefrontale ventromediale, che modula l’aspettativa di piacevolezza e la risposta sensoriale di piacevolezza che ne consegue. Questo perché il nostro cervello sta cercando di creare una coerente rappresentazione tra quello che si aspetta, ossia la bontà del vino, ed il suggerimento “prezzo”. Oltre alla corteccia prefrontale ventromediale, troviamo anche un nucleo posto in fondo al nostro cervello, lo striato ventrale, che modula i meccanismi di piacere e ricompensa ed insieme al quale, l’amigdala, crea un insieme di ricordi emotivamente salienti. Queste aree, sono contemporaneamente attivate e permettono di creare questo sistema implicato nell’apprendimento a lungo termine, nella capacità predittiva della risposta precedentemente appresa e a sua volta la motivazione ad agire ed a prendere una decisione.

Quindi, quanto riferito dalla ricerca, la valutazione del senso di piacevolezza può esser mediata da questo circuito ma ovviamente non mancano le caratteristiche personali che rendono il soggetto più o meno suscettibile a certi comportamenti che, a lungo andare, si automatizzano. Insomma, certamente questa relazione non è sempre facilmente intuibile e si potrebbe anche ipotizzare che al momento dell’acquisto si attivino gli stessi meccanismi di rievocazione alla memoria, aspettativa e conseguente ricompensa e che, magari, il meccanismo funzioni all’opposto in casi di esperienze più spiacevoli che ci inducono ad estinguere la risposta comportamentale ad un’attivazione fisiologica emotivamente negativa.

Insomma, che voi siate estimatori o futuri sommelier, per riuscire a non cadere in questi tranelli del nostro cervello o per evitare di essere facilmente influenzabili da alcuni luoghi comuni, certamente lo studio o la ricerca o la conoscenza possono essere un’ancora di salvezza ma anche un modo per assaporare le diverse sfaccettature che il mondo del vino ci riserva.

In ogni caso, concludo nell’affermare  – e spero conveniate con me in questo – che un bicchiere di vino è un toccasana per il cuore e per la mente e vi auguro di godere del vostro acquisto condividendo il momento con chi più volete, anche voi stessi.

Bio Autore

Serafina Scirica

Psicologa formata in Neuropsicologia, leggo del “Vino” da neofita ma sicuramente il mio prossimo obiettivo sarà frequentare un corso AIS.
Bere un “calice di vino” significa sorseggiarlo da soli immersi tra i propri pensieri, è gederne in compagnia su una tavola imbandita per gioire della tradizione famigliare nelle festività.
Quando beviamo del buon vino, esso ci regala gli odori della terra che l’ha accolto e l’amore di chi lo ha cresciuto, ci investe dei suoi colori e ci inebria con i suoi odori.
Ho riscoperto l’amore per la scrittura come mezzo per condividere e comunicare ciò che mi appassiona ed è per questo che ho di recente aperto un blog sulla psicologia e neuropsicologia e, poiché da sempre il mondo del Vino mi attrae e mi incuriosisce, ho pensato: “perché non provare ad unire le due cose?”
Vorrei quindi farvi appassionare a ciò che mi ha portata ad intraprendere questo percorso: il connubio Mente, Psiche, Cervello e Vino.

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