Mi trovavo al Mugello per lavoro, precisamente all’interno del circuito e tra un rombo di motori ed un altro, osservavo le verdeggianti colline tra olivi e vitigni e pensavo a come la coltivazione della vite si sia sviluppata bene nel territorio “mugellese”.
Al termine della mattinata lavorativa, contatto un’azienda in prossimità del circuito e fisso un appuntamento per una visita. Percorsi pochi chilometri mi trovo all’ingresso del Podere Fortuna uno degli storici poderi del castello di Cafaggiolo anticamente proprietà della famiglia De’ Medici. Vengo accolto calorosamente nonostante il periodo di vendemmia e condotto in mezzo ai vigneti di Pinot nero e Chardonnay dove stava avvenendo la raccolta.
L’azienda è composta da solamente sei ettari vitati che producono tre vini rossi, un bianco ed un rosato. Dopo aver visionato le fasi di vendemmia ci spostiamo in cantina dove stava avvenendo la pigiadiraspatura dello chardonnay, che sarebbe poi andato a creare, insieme ad una piccola parte di pinot nero (circa il 20%) il delizioso Greto alla Macchia.
Ci avviamo verso la degustazione, che visto il magnifico sole e le temperature ancora estive di una giornata di metà Settembre faremo all’aperto su di un tavolo formato da una vecchia botte ed una lamina di vetro tra i quali sono stati interposti i tappi dei vini presenti nell’azienda. La degustazione è stata condotta da Silvia, responsabile dell’azienda, che mi ha fatto incontrare con piacere il frutto della vendemmia alla quale avevo appena assistito: Greto alla Macchia che si è dimostrato un vino bianco molto “francese”, una grandissima eleganza con note di frutta matura, e soprattutto dolci sensazioni di vaniglia dovute alla malolattica svolta, e quel tocco di forza data dalla presenza del pinot nero (vinificato in bianco) che hanno reso questo vino di ottima beva e capace di sorreggere anche piatti a base di carne bianche.
Del Pinot Nero ne esistono tre varianti: Coldaia, Fortuni e 1465.
Il primo in assaggio, Coldaia, è un vino molto verticale con un color rosso rubino lucente, al naso risulta con sentori di frutti rossi e neri, petali di rosa e un tocco erbaceo, un vino che in bocca dimostra tutta la sua verve un tannino che ancora deve legarsi bene, ma già ben bilanciato.
Fortuni è tutta un’altra cosa, un vino fine ed elegante dal colore rubino ma più intenso, chiudendo gli occhi e lasciandoci andare alle sensazioni olfattive, possiamo immaginare di avere un Pinot nero di Borgogna nel bicchiere, con richiami di piccoli frutti rossi e ribes, il floreale è presente, ma sono le note evolutive come la percezione dell’uso del legno in affinamento che richiama sentori di tostatura e spezie a farla da padroni, in bocca è molto elegante e piacevole dal finale abbastanza lungo.
Quando siamo arrivati alla conclusione con mio grandissimo piacere mi viene proposto in degustazione il gran crù dell’azienda “1465” chiamato così per ricordare che in queste terre il vino si produceva già 5 secoli fa. L’impatto visivo ci parla di un vino ricco, di un color rubino profondo, che lascia passare qualche spiraglio di luce, l’impatto olfattivo ci meraviglia e ci porta subito a percepire la macchia mediterranea gli aghi di pino e la resina che a poco a poco lascia intravedere l’affaccio di piccoli frutti di bosco, ribes e mora selvatica su tutti. Il sorso è avvolgente, pieno e rotondo, con un finale sapido e persistente, un vino da “Signorile”.
Rimane un pensiero su come la tradizione dei vignaioli toscani si leghi abilmente con le innovazioni portate da paesi lontani e come un loro connubio possa rendere un vino una poesia.
Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non v’è certezza(Lorenzo De’Medici)
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