La vie en… Rosato: la guida completa

Oggi affronteremo un argomento che nel periodo estivo va di gran moda: il vino Rosato, tra miti e cliché, tra cinema e implementazioni sui mercati esteri, tra tecnica e numeri di produzioni.
Al termine di questo viaggio, vissuto e scritto a 4 mani insieme a Marianna Abruzzese, laureata in Semiotica con una tesi sull’ Enoturismo[1], troverete finanche 6 degustazioni di vini rosati italiani.

Bianco o rosso? nel dubbio: rosato!

Un bevitore curioso se pensa al colore rosa lo associa immediatamente al suo rosato del cuore, ma il vino rosa”, prima bistrattato poi osannato, spesso crea una certa confusione.
Non è tutto “rosa” il vino che erroneamente viene definito rosé, rosato o etichettato come “vino femminile” – come se i gusti fossero definiti dal genere-.

Nella cultura occidentale il colore rosa è tipicamente associato alla femminilità, per questo motivo spesso, superficialmente, si tende a definire il vino rosato un “vino da donna”, etichetta fuorviante e a tratti sessista.
Cionondimeno, il colore rosa entra nella mentalità di “colore femminile” nella prima metà del 1900, mentre assume una propria scala cromatica con le lingue romanze: è noto infatti che per indicare un fiore di colore rosa, veniva utilizzata la terminologia “rosso chiaro o rosso bianco”.[2] 

Nella simbologia Occidentale il rosa viene ad identificarsi con sostantivi come la tranquillità, l’ottimismo, la raffinatezza, la quiete. Diversamente in Oriente, in Giappone il rosa è associato non solo alla bellissima fioritura dei Sakura in primavera, nella ricorrenza Hanami, istituita nel periodo Heian (794-1184) ma anche al suo simbolismo storico: la caduta dei Samurai, giovani guerrieri morti in battaglia per gli ideali della patria, così come la fioritura dei ciliegi ha vita breve, sottolineandone la caducità della vita.

Il binomio colore rosa/donna non è però universale. O meglio, ci sono esempi che ben rappresentato come  colore non abbia nessuna esclusività declinata al femminile ma bensì traspare tutta la sua versatilità di significato anche in ambiti prettamente “maschili”, come la Maglia Rosa del Giro d’Italia, scelta da Armando Cougnet, storico Direttore della Gazzetta dello Sport (rosa anch’essa) nel 1931 come “simbolo di gloria e talento”, o ancora nella letteratura di inizio ‘900, gli uomini d’affari e di ceto alto indossavano molto spesso abiti confezionati su misura di colore rosa, come simbolo di eleganza e raffinatezza, come lo stesso Jay  ne Il Grande Gatsby di F.Scott Fitzgerald, specchio della società dell’epoca.

Tornando al mondo del vino, l’accostamento tra il rosato e la femminilità può essere ricercato nella sensibilità con cui ci si dovrebbe avvicinare a vini del genere per poterli capire fino in fondo. Non esistono vini tipicamente “femminili” o “maschili”, esistono vini da assaggiare e da capire per apprezzarne le peculiarità.
Non a caso i rosati esercitano un certo fascino soprattutto per via del colore che li contraddistingue. Nuance che suscitano sinestesie, risvegliano e stuzzicano i sensi, sfumature che dal bicchiere trasparente brillano ed evocano odori, sapori e ricordi di situazioni conviviali.
Come scrive Falcone “Un calice di vino è un’arma micidiale, quando lo appoggi nei pressi del cuore”[3]se ci appoggi un rosato allora la questione si fa sempre più interessante.
Infatti, dietro ai rosati, così diversi e così particolari, c’è un universo parallelo da scoprire fatto di sfumature che vanno dal rosa tenue al rosa chiaretto passando per il rosa cerasuolo, rosa corallo e rosa intenso.
Le diverse sfumature caricano questi vini di un’aura seducente e ne fanno una tipologia particolare a cui approcciarsi con una certa sensibilità.
Al cambiare delle zone in cui si producono e quindi al cambiare del vitigno, del tempo di macerazione e dell’invecchiamento, cambiano le tonalità, i profumi e l’intensità del sapore. Siamo quindi in presenza di vini particolarmente versatili.

La vie en Rose

Talmente versatili, fascinosi e di tendenza da aver stregato e trasformato anche i divi di Hollywood in vignaioli:
Flaminia Festuccia, per esempio, in un testo intitolato “Cinewine” scrive:

Tra gli ultimi arrivati anche della ex coppia Brangelina, che nella sua tenuta di Miraval, in Francia si dedica al Rosè. Il primo stock si 6000 bottiglia a firma Joelie-Pitt è andato esaurito a pochissime ore dalla messa in vendita onlie, e c’è grande attesa per il bianco e il rosso prodotto dai loro terreni. E a quanto pare non è solo il nome vip a fare gola: le recensioni degli esperti sono ottime a sugello ulteriore di un sodalizio tra le due arti, quella del cinema e quella del vino, che continuano a intrecciare i loro destini[4]

Il loro Rosè rientra nell’Appellation Cotes de Provence ed è prodotto dalla Famille Perrin, produttori di punta della valle del Rodano.

Degno di nota anche il rosè dalla cantina Barrymore wine, in partnership con la Family Jackson wines, produttore delle etichette Carmel Roads a Monterey- California, dell’attrice rivelazione del film E.T, Drew Barrymore. Produttrice di tre etichette: un Pinot Grigio, un Pinot Noir e un Rosè da Pinot Noir. L’attrice/imprenditrice però si dice sempre alla ricerca di nuove espressioni di rosè, infatti:

It’s summertime, the weather is turning nice. Nothing gets me more excited for our rosé than trying every other rosé”.[5]

Tornando in Italia, invece, troviamo il Rosato della cantina Lvnae di Diego Bosoni e prodotto dal cantante Zucchero. Ci troviamo in Liguria a Castelnuovo Magra, in provincia de La Spezia. Il vino è un rosato Liguria di Levante IGT da uva Vermentino nero, macerazione a freddo sulle bucce per circa 4 ore e affinamento in acciaio.
Il Rosè Premium Cuvèe del cantante lirico Andrea Bocelli, dell’azienda Bocelli 1831. Ci troviamo in Toscana, a Lajatico in provincia di Pisa.
Si tratta di un assemblaggio di Raboso 20%, Chardonnay 20% e Pinot Noir 60%. 120 giorni in autoclave e 3 mesi in bottiglia.
Sempre in tema Cinema, per la pellicola “Il Ricco il Povero e il Maggiordomo” (2014), del trio Aldo Giovanni e Giacomo, è stato scelto il Trento Doc Brute Rosè da Pinot Nero di Maso Martis.

Come nasce un Rosato

Il vino rosato è prodotto a partire da uve a bacca rossa (fatta eccezione per la produzione di spumanti in cui è consentiva un assemblaggio di uve a bacca bianca e a bacca rossa) in cui la macerazione delle bucce, contenenti le sostanze antocianiche coloranti, insieme al mosto può variare da poche ore a 2 giorni. La variazione di quest’ultima andrà a determinare l’intensità di sfumatura di colore che si vuole ottenere, tenendo presente anche il vitigno che si sta utilizzando. La vinificazione in rosso parte con una pigiatura soffice di bucce e mosto a basse temperature (è possibile anche una macerazione prefermantiva a freddo di poche ore a temperature intorno ai 4-15°C) procedendo poi per una vinificazione in bianco (separando mosto dalle bucce, la sgrondatura, per l’appunto) una volta ottenuta la cessione di colore desiderata. Segue l’affinamento per la maggior parte dei casi in acciaio.
A seconda, pertanto, del metodo di vinificazione, si possono distinguere diverse tipologie di Rosato che possono essere identificati come: Vini di una notte, i Vini di un giorno, i Blush wines, i Roses de Saignée e i Vins gris.

-Ringraziamo in particolare l’approfondimento di Erica Gennari (alias curvywine)  per questa classificazione-

Nello specifico:

  • Vini di una notte: macerazione che dura sino ad un massimo di 12 ore.
  • Vini di un giorno: macerazione che tocca le 24 ore
  • Blush wines: definibili come rosati all’”american style”. Si utilizzano cultivar con poche pigmentazioni per procedere poi alla vinificazione in bianco
  • Roses de Saignéè: i rosati da Salasso. A partire dalla vinificazione di un rosso, viene prelevato parte del mosto dopo qualche ora di macerazione. Quest’ultimo verrà, pertanto, vinificato in bianco e avente come prodotto il Rosato. Tecnica utilizzata anche per alcune tipologie di Champagne Rosè.
  • Vins Gris: come per i Blush wines, si utilizzando vitigni con un basso potere colorante. Non è necessaria la macerazione ed il colore che si otterrà è veramente molto delicato.

Per quanto riguarda la nuance dei colori del Rosato, i francesi ne hanno identificati 9 tra i più frequenti: marmo rosa, una spina, buccia di cipolla, mattone, lampone, carme, palissandro corallo e salmone.

I Rosati Italiani  e zone di Produzione

Puglia:
Castel del Monte Rosato Doc e Docg
Da uve Bombino nero, più precisamente nella zona della Murgia Centrale.
Salice Salentino Rosato Doc
Prodotto da uve Negroamaro, per almeno il 75% e malvasia nera ci troviamo in Salento.

Calabria:
Cirò Rosato Doc
Da uve Galioppo, nei comuni di Cirò e limitrofe.

Abruzzo:
Cerasuolo d’Abruzzo Doc
Da uve Montepulciano d’Abruzzo, per almeno l’85%.

Veneto:
Chiaretto di Bardolino Doc
Da uve corvina veronese (in prevalenza) e uva rondinella.

Lombardia:
Valtènesi Chiaretto Doc
Da uve Groppello, per almeno il 50%, insieme a barbera, marzemino sangiovese.

I numeri del Rosato

Lo scorso febbraio si è tenuta la conferenza stampa WineParis preso il Centro espositivo Porte de Versailles (Parigi) durante la quale è stato presentato il nuovo rapporto dell’Osservatorio mondiale dei rosati (OMR), tra produzione e consumo.
In particolare, è stata evidenziata la domanda crescente di vino rosato sul mercato, aumentata di circa il 40% nell’arco di tempo compreso tra 2002 e 2018. Ma nonostante la domanda, il consumo effettivo di esso risulta essere solo del 5%.
Nel 2018 sono stati consumati 25,6 milioni di ettolitri di vino rosato, il dato più alto sino ad ora registrato.[1]

La Francia si posiziona come primo paese produttore della tipologia con 7,5 milioni di ettolitri registrati nel 2018; insieme agli USA e alla Spagna rappresentano più del 60% della produzione totale, ed inoltre Francia e USA sono anche i paesi con la percentuale più alta di consumo (55%).

L’Italia si posiziona quarta nella produzione ma rileva una crescita del valore di vendita: prezzo medio di esportazione registrato da 1,70€ a 2,30€ nell’arco di tempo 2014-2018.
Nel 2016 l’Italia ha prodotto 2,3 milioni di ettolitri, posizionandosi quinta a livello mondiale ma terza con il 21% per quanto riguarda le esportazioni  mondiali.
A livello mondiale, invece, si registra un aumento finanche dell’esportazione del vino rosato che passa da 7,6 milioni di ettolitri a 10,7.

de la demande en vin rosé, laquelle a augmenté de 40 % entre 2002 et 2018 tandis que la consommation globale de vin ne progressait dans le même temps que de 5 %”[2]

[1] Fonte https://www.franceagrimer.fr/

[2] Fonte OMR

Aziende e Degustazione

  • Vesuvio Lacryma Christi Doc Rosè, Cantina del Vesuvio,2019,12.5%
    Ci troviamo in una bellissima azienda alle pendici del Vesuvio.
    Azienda che ho potuto conoscere grazie al mio amico enologo di fiducia Serafino Marco D’Urzo, attraverso uno scambio WineErasmus.
    Cantina del Vesuvio è un’azienda che è sul territorio già dalla prima metà degli del ‘900 e si occupava inizialmente di commercio all’ingrosso. E’ con Maurizio Russo che l’azienda punta alla qualità e alla rinascita della cantina.
    16 ettari a copro unico, “certificati Bio da una decina di anni, unici nel territorio del parco del Vesuvio” mi racconta Giovanni Russo con una punta d’orgoglio.
    Nell’azienda si punta alla riscoperta ma soprattutto alla valorizzazione dei vitigni autoctoni della zona:Caprettone, Piedirosso, Aglianico e in piccola misura anche Falanghina.
    Ci troviamo a 300 msl, una vista e un paesaggio suggestiva.
    Un terreno lavico e poroso e una vigna a Pergola o a Tendone Vesuviano, adatto a terreni fertili con una buona disponibilità idrica, captando in maniera ottimale i raggi del sole.

    Degustazione

    Piedirosso 100%. Raccolta prima decade di ottobre, fermentazione in bianco in acciaio e segue 6 mesi di bottiglia.
    Una nota di merito al colore, veramente bellissimo ed elegante nel suo rosa chiaretto, tenue, gentile, delicato ma al tempo stesso luminosissimo.
    Al naso si percepisce quasi nettamente la sensazione minerale, quasi “pietrose”. L’accompagnano un frutto rosso piccolo, una ciliegia nel pieno della maturazione e ancora susina virando delicatamente verso un fiore come il biancospino.
    In bocca dopo un’attenta analisi, ciò che risalta è il tannino integrato. Ancora giovane e rude ma mai arrogante nella beva. L’ingresso è tutto fruttato per chiudere invece con una elegantissima sapidità minerale.
  • Umbria Rosè IGT, Tenuta Baroni Campanino, 2017, 12.5%
    Torniamo in Umbria per parlare di un’azienda che ho conosciuto, in tempo di Covid19, tramite il digitale. Se con l’azienda campana sono stata in diretta con loro su Instagram, con l’Azienda Tenuta Baroni Campanino ho potuto poter “assistere” alla presentazione dell’azienda traminte dei Webinar che sono stati organizzati e spalmati durante il periodo di Lockdown.
    In questo modo, anche se seduti comodamente alle nostre scrivanie, Damiano e Vincenzo hanno presentato l’azienda e i loro vini, il vigneto e la cantina. Anche se qualsiasi mezzo digitale, pur se potente, non potrà mai andare a sostituire la bellezza e il profondo apporto valoriale di una visita reale.
    Tenuta Baroni Campanino è un’azienda nata nel 2012 e locata nel parco nazionale del Monte Subasio, vicino ad Assisi, che persegue un modus operandi Biologico e Biodinamico. Posizionata a quasi 900 m slm, 14 ettari a corpo unico per una viticoltura eroica.

    Degustazione
    Un rosato da 100% Sangiovese da un piccolo appezzamento di 1 ettaro e mezzo nelle vicinanze del fiume Tescio.Vinificazione in bianco, fa solo acciaio.
    Il colore ancora una volta è la parte più emozionale: un rosa ramato, quasi antico, con sfumature oro delicate sull’unghia.
    Al naso si percepiscono sfumature di pesca bianca e pesca nettarina, frutti di bosco, roselline e fiori di campo. Qui si vira verso l’erbaceo delle alture. Fresca quasi pungente. Il tutto molto delicato, elegante ma non troppo intenso.
    In bocca abbiamo un corpo delicato, un tannino interessante in termini di presenza e integrazione, un’acidità avvolgente.
  • Thadea,Spumante Rosato Brut,  Terre Margaritelli, 12,5%
    Sempre in Umbria ci spostiamo a Torgiano, nella località di Miralduolo con l’azienda Terre Margaritelli. La storia di Terre Margaritelli ha inizio quando nel 1948 quando Fernando Margaritelli decide di lasciare tutto ai figli per dedicarsi alla terra. Ci troviamo nella Denominazione Torgiano, fulcro della DOCG Torgiano Rosso Riserva del 1990, la prima in Umbria e nella frazione di Miralduolo, nel cuore della storia medievale del luogo.
    L’azienda costa oggi di 52 ettari vitati, 12 etichette, tutte in coltivazione Biologica, abbracciando il concetto di sostenibilità sociale e ambientale e di preservare la terra nel tempo. Prima di passare alla degustazione dello Spumante Brut Rosè, vorrei porre l’accento su un racconto storico che si lega con un filo rosso al nome dell’atichetta: Thadea. Perchè questo nome? Ce l’ho racconta Andrea Margaritelli, -fonte che poi vi rivelerò-, grande culture della storia e dell’arte, nel libro “Thadea, la figlia segreta di Carlo V”. Pare infatti che, documenti storici alla mano, Carlo V nei primi anni del ‘500 avesse avuto una relazione segreta con una donna perugina dalla quale naque una bambina, Thadea appunto, rendendo a questo punto la
    principessa d’Asburgo legata strettamente all’Umbria.

    Degustazione

    Metodo Martinotti, 100% Sangiovese.
    Ho capito che i Rosè avranno sempre una sorta di vena artistica alla vista. Una bellezza intrinseca che mi conquista.
    Questa volta abbiamo un rosa chiaretto, raffinato e quasi sinuoso. Un rosa da tavolozza impressionista. Meravigliose le sfumature che viravano verso un aranciato. Esattamente i colori dell’alba. Le bollicine grossolane persistono nel calice lungamente.
    Il naso rimane molto delicato giocando tra frutti rossi, pesca gialla, una nota di fiore d’acacia, rosellina, c’è la ciliegia, una nota di melagrana e poi un erbaceo non troppo pungente.
    L’ingresso in bocca è quasi ruffiano, rimandando alla dolcezza della frutta, a quella nota zuccherina di frutta estiva per poi aprirsi verso una sferzante acidità, un tannino lieve ma presente e chiudendo su note leggermente amaricanti.
  • Rosaè,Rosato di Toscana IGT, PoggioPiano Galardi, 2019, 13%
    Il Rosato che  arriva da un altro scambio WineErasmus con Martina dell’azienda PoggioPiano Galardi.
    Comincio subito col dire che tra me e Martina è nato subito un feeling assolutamente non preparato e non pensato. Ieri ci siamo viste in diretta su IG per poter parlare ulteriormente della selezione della winebox che ci siamo scambiate. Scambio che ha visto l’Umbria e la Toscana scendere in campo, ma soprattutto vedere il Sangiovese vinificato in bianco per avere il Rosato da due regioni diverse sotto molti punti di vista.Martina insieme ai vini della sua azienda, mi ha mandato una bellissima lettera che ha scritto di getto, con grande entusiasmo.
    Mi scrive “Ogni nostro vino ha una storia che parte dalle radici delle nostre viti e arriva fino alla tavola, con una meticolosa attenzione ad ogni passaggio“.
    Martina si laurea in viticoltura ed enologia a Firenze per poi decidere di andare a fare esperienza diretta in Francia, non solo in vigna ma occupandosi anche del commerciale, del marketing…insomma una gestione a 360.
    PoggioPiano Galardi è un’azienda che è sul territorio di Fiesole da tanto tempo, e Martina ricorda di essere a contatto con le viti praticamente da sempre.
    Ho ascoltato Martina raccontarsi con molto trasporto ma soprattutto con grande ammirazione per la passione che la contraddistingue.Degustazione
    Nel calice danza un rosa cerasuolo, che richiama la delicatezza del colore della buccia di cipolla ma al tempo stesso con riflessi oro rosa e aranciati, luminosissimo e molto intenso. Come ho detto a Martina, un tramonto autunnale. Meraviglioso.
    Al naso si aprono frutti rossi, la ciliegia, la susina, frutti di bosco, pesca bianca, ma anche grande freschezza che richiama l’arancia rossa e il pompelmo rosa. Piccoli fiori di campo. Si aprono poi sentori eleganti che virano verso la mineralità molto sapida (giocoforza di un terreno costituito da galestro e calcare).
    In bocca il tannino si fa spazio man mano allargandosi, ancora un po’ rude ma mai prevaricante. Il sorso è rotondo e sorretto da un’acidità minerale.
  • Palmina Rosè IGT Toscana, Riecine, 2019, Bio
    Il Rosè n.5 Come Chanel. Sempre in Toscana con l’azienda Riecine, scambio con Andrea Cappelli.
    Come sempre, lascio parola alle parole, quelle che Andrea dedica nelle missive che ci scambiamo, perché solo così possiamo vivere le aziende attraverso gli occhi di chi le ha vissute in prima persona.
    Una delle aziende chiantigiane del cuore. Siamo a Gaiole in Chianti, vigne che vanno dai 300 ai 600 m slm. Vigneti come nicchie incastonate nel bosco dove la biodiversità esiste per davvero”.Palmina, il nome del Rosè che Andrea mi ha spedito è il nome della signora Palmina Abbagano, moglie di John Dunkley che negli anni ’70 decisero di dare vita a Riecine. Un Rosato dunque intriso di Romanticismo, di storia e di vite (e viti) che si legano.

    Degustazione

    100% Sangiovese, raccolta anticipata, pressatura soffice senza macerazione, 40 giorni di macerazione in cemento, affinamento di 4 mesi sempre in cemento.
    Sono stata sul colore lungamente. È incredibile quanto sia estramemte e finamente cangiante con diversità di toni e di calore. Nel calice abbiamo un rosa cipolla ma con una profondità di arancione che diventa vivido con la luce naturale. È straordinario, lucente. Andrea lo definisce rosa salmone. Ed è vero, la sua tonalità è quasi antica, intensa ma al tempo stesso delicata.
    Un naso inizialmente timido che si apre e si amplia ogni volta che ci torno su. Naso netto e pulito che si districa tra frutti rossi come le ciliegie, il ribes, frutti di bosco. Ma la frutta diventa anche estremamente fresca, acitrina, agrumata. Si percepiscono zest e fiori freschi boschivi come la ginestra, il fiore di acacia. E poi tanta mineralità quasi polverosa.
    In bocca l’assaggio è pieno e rotondo con una freschezza sorretta da una mineralità all’ingresso e in chiusura. Il tannino è percettibile ma integrato, elegante. fine. Un sorso lungo ed una piacevolezza sinuosa.
  • Passione di Venere, Toscana IGT Rosato, Paolo Nenci, 2019, 12.5%
    Parliamo di Paolo Nenci,il Primo Contadino Digitale, che ha fatto del suo lavoro la sua passione condivisibile sui social Network ,come Istragram e Facebook ,al fine di avvicinare gli utenti al mondo della terra. Ci troviamo  a Chiusi, in Toscana. Azienda di Famiglia e con Paolo si apre la terza generazione di viticoltori Nenci. 15 ettari di cui  4 vitati, terreno sabbioso, argilloso.Per avere ulteriori informazioni su questa azienda dinamica, giovane e piena di idee, vi segnalo l’articolo presente sul blog e scritto da Elena Di Ciolo.
    Vorrei dunque parlare del “cambio veste”dell’Azienda Nenci che dal 2020 ha lanciato sul mercato il nuovo packaging e il design studiato al fine di essere accattivante e comunicativa. Le bottiglie, difatti, solo le Bordolesi Imperiali, e per quanto riguarda le etichette, il Rosato gioca sul bianco e il verde Tiffany: eleganza, mistero e sinuosità che al meglio rappresentano il vino. Con Paolo Nenci c’è un’amicizia di lunga data (per i tempi attuali dei social) e per me è sempre un piacere poter ascoltare Poalo quando ci sono mutamenti. Se è vero che “tutto scorre” Eracliteo, anche l’azienda Nenci si muove al passo con i tempi e con le esigenze di mercato. L’abbiamo intervistato sulla Rubrica Wine Design di RadioDesign dove appunto approfondiamo l’aspetto marketing della nuova linea. Aggiungo, prima di passare alla degustazione, che Passione di Venere si classificato secondo nella competizione dei Rosati dal mondo  (145 i partecipanti) che si è tenuta a Cannes a inizio febbraio.Degustazione
    100% Sangiovese proveniente dalla Vigna Venere, raccolta tra fine agosto e inizio settembre. Pressatura soffice e due ore di macerazione a freddo, fermentazione in acciaio.
    Alla vista una nuance pastello delicato tutto sul salmone molto delicato con sfumature aranciate veramente molto timide ma nel complesso di una fine eleganza. Il naso gioca su rimandi di frutta a bacca rossa ma anche agrumata, fresca che apre poi su note erbacee e minerali. Mineralità che ho ritrovato più intensa con il trascorrere del tempo. Ho, difatti, degustato questo rosato in diversi momenti della giornata per comprenderne e carpirne meglio l’intensità olfattiva e al palato. In bocca il tannino è molto delicato, la sapidità lascia spazio ad una spalla acida molto verticale ma che nel complesso lascia l’assaggio intenso da volerne bere ancora.
    Degustazione Marianna
    Passione di Venere, Toscana IGT Rosato, Paolo Nenci, 2019,12.5%

    È il rosato di Paolo Nenci che aspettavo da tempo, finalmente ne ho una bottiglia tra le mani. Se dovessi scegliere un aggettivo per descrivere al meglio questo vino sceglierei “beverino”. Lo stappi, annusi il tappo, non te ne accorgi è già finito e ne vorresti un altro calice. Alla vista un rosa salmone brillante con lievi sfumature sull’arancione. Il profumo è floreale, estivo, poco invasivo, ricorda la pesca bianca o frutti rossi. Il sorso è fresco e delicato. Un vino piacevole e versatile, da bere sempre anche se il giardino d’estate è il suo habitat e l’aperitivo è la sua cifra, perfetto per le serate estive, da soli o in compagnia.

[1] Marianna Abruzzese attualmente si occupa di web communication, collabora con CUBE, Centro Universitario Bolognese di Etnosemiontica. Aspira a diventare sommelier e a lavorare nel mondo dell’enogastronomia, servendosi di uno sguardo semiotico per comunicare i valori fondanti di ogni situazione

[2] Studi di Michel Pastoureau

[3] F. Falcone “Intorno al vino”

[4] Flaminia Festuccia, giornalista e saggista, Cinewine, 40 grandi film e 40 grandi vini, 2013

[5] Intervista per la Rivista Haute Living, 2017

Bio Autore

Elena Di Vaia

Cresciuta sulle ginocchia del nonno tra le vendemmie.
Immersa alla scoperta del vino con il papà. Sommelier Ais per forza di gravità.
"Si mens et corpus homini vino flagraret"- la mente e il corpo dell'uomo ardono per il vino, recitava Platone. Da brava discepola laureata in Filosofia ma curiosa del mondo, passeggio tra l'Economia Civile ed un Master in Etica Economia e Management.
Hobby? Comunicare e scrivere.Così vago tra ospiti e interviste nel mio format radiofonico RadioWineDesign dall'istituto Italiano di Design di Perugia.
Articolista Freelance, perchè se non chiacchiero di vino sento il bisogno di traslare le parole su carta. Il fenomeno che mi piace analizzare? La comunicazione su Instagram.
Hai mai sentito parlare del WineErasmus? Il progetto che porta il vino on the road ?!
Collaboro sulla rivista "The Design Magazine" con la mia rubrica "Wine Design".
Per sapere di più, un Simposio platonico è quello che ci vuole.

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