Quando si parla di trebbiano viene sempre in mente un’uva che dà origine ad un vino piuttosto semplice ed adatto ad esser consumato nel minor tempo possibile. Parlare di trebbiano non è così semplice, ne esistono diverse varietà: il trebbiano toscano, la cui dote maggiore è la spiccata acidità; quello abruzzese, capace di dare vini poco strutturati (salvo eccezioni ed eccellenze); poi il trebbiano romagnolo ed il trebbiano giallo.Oggi parleremo del trebbiano toscano, in particolare della storia di un trebbiano coltivato e vinificato in provincia di Pisa, nel comune di Terricciola dove l’azienda “Pieve de Pitti” ha deciso di puntare forte su questo vitigno, realizzandone un prodotto di grande classe.
Andiamo a fare visita in azienda e veniamo accolti da Caterina, che si occupa della vigna e della vinificazione. Ci mostra come la vite viene messa a riposo nel periodo invernale per prepararsi alla nuova fase vegetativa primaverile, la potatura del trebbiano è fatta ad archetto con una densità di viti per ettaro di circa 3500 ceppi. Le caratteristiche dei terreni sabbiosi ma ricchi di scheletro donano al vino doti di freschezza.
La vendemmia, rigorosamente manuale, che dà vita al “Tribiana” (questo è il nome del vino) avviene in tre fasi differenti. La prima il 3 di settembre (il giorno preciso dipende da molti parametri, in questo caso facciamo riferimento alla vendemmia 2016), la seconda il 25 e la terza avviene il 12 ottobre.
Incuriositi da questa pratica chiediamo a Caterina di spiegarci la motivazione di tale scelta così particolare, e lei ci spiega che è stata un’idea ponderata in base alle caratteristiche che voleva ottenere dal vino.
Un’uva raccolta anticipatamente rispetto al normale punto di maturazione (3 settembre) dona acidità e freschezza al vino, caratteristiche che gli permetteranno anche una buona evoluzione ed invecchiamento; mentre le uve raccolte il 13 ottobre (vendemmia tardiva, e magari con lieve appassimento) doneranno morbidezza e alcool, la fermentazione sui lieviti avviene in tonneaux di Bordeaux e Borgogna alle quali segue un affinamento in acciaio e una lunga sosta in bottiglia. Tutte queste caratteristiche determinano un vino molto particolare ed interessante che adesso andremo a degustare nell’ampia sala degustazione con vista sulla val di Pava.
Il momento tanto atteso arriva e mentre Caterina si appresta alla fase di stappatura della bottiglia ci illustra la scelta dell’etichetta, una simpatica “apetta” dono del pittore santacrocese Romano Masoni a memoria delle vecchie arnie che circondavano le vecchie vigne di trebbiano. Dopo questo piccolo excursus, il vino finalmente scende nel bicchiere e già ci fa capire di che stoffa è fatto, un colore giallo paglierino molto compatto e carico, con dei riflessi che richiamano l’oro. Il naso è intenso, libera aromi di frutti maturi e fiori gialli, con note che vanno a sconfinare nelle sensazioni mentolate e balsamiche, mentre al gusto è la morbidezza che vince e dona una rotondità in bocca molto piacevole, sorrette da un finale sapido e con una nota mielata. Inutile dire che un sorso tira l’altro e vorremmo decisamente provare su un uovo al tegamino con scaglie di tartufo bianco.
Ringraziamo Caterina per la sua sapiente e gentile illustrazione di questo vino e per la visita in un’azienda che ha contorni storici e magici, che vi invito a visitare.
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