Il commercio “healty” e la produzione BIO

Un noto Detto latino, recitava: “Mens sana in corpore sano”. In tempi poi non così lontani, si è iniziato a dare maggiore attenzione a cosa portiamo in tavola:  scegliamo con accortezza frutta e verdura, tendiamo all’ acquisto di alimenti a Km0 , BIO, senza olio di palma, a base di estratti naturali.Oggi restiamo sempre più informati ricercando su blog appositi e pagine internet cosa acquistare per mantenere in salute il nostro organismo e come mangiare in modo sano ed equilibrato. Da ciò non sono esenti prodotti di cura ed igiene personale. Il risvolto della medaglia è certamente il costo e questo fa talvolta oscillare i consumatori.

Perché si parla e perché si produce vino Bio?
Credo sia impattante partire dall’ormai famosa frase (a livello pop, aggiungerei) “Siamo ciò che mangiamo” del filosofo tedesco Ludwing Feuerback. Possiamo dire, e prendetela con le pinzette, visionario, se si pensa che con questa massima siamo nel 1862, per quello che sarebbe stato poi il movimento del Biologico nato circa nel 1920, e definito Biologico 1.0.
È in quest’epoca che nasce la necessità di pensare a non più “quello” che produciamo ma a “come” lo produciamo, a seguito della connessione tra stile di vita e nutrimento.
Feuerback così scriveva:

“La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”.

È però nel 1972 che questo modo di pensare comincia a concretizzarsi con una fondazione che potesse riunire le diverse organizzazioni e unificare questo modus operandi: nasce IFOAM – Organics International (International Federation of Organic Agriculture Movements). Da questo momento vennero sviluppate i primi standard qualitativi e i primi vademecum per poter garantire una produzione che si attenesse all’ideologia biologica. S’introdussero le prime certificazioni, le ispezioni e i controlli. Le prime regolamentazioni circa 10 anni dopo la nascita della fondazione.Vediamo qualche numero:

Nel 2013 le aree di coltivazioni biologica era quantificabile intorno ai 80 milioni di ettari circa. Nel 2015, ben 82 paesi nel mondo implementano il biologico.
In Europa quasi il 20% della superficie agricola dichiara di essere Bio (1% mondiale).
In alcuni paesi dell’America latina, la percentuale di prodotti esportati certificati Bio è superiore a quelli convenzionali.
L’80% di prodotti bio sul mercato riguarda l’infanzia; questo sottolinea con ancora più enfasi il binomio qualità del prodotto /salute uomo e della relativa richiesta di mercato. Maggiore spazio sul mercato per i piccoli produttori.
In sintesi, il Biologico è divenuto il filo conduttore per i tre elementi che caratterizzano la vita: l’uomo e la sua necessità di mangiare salutare (attenzione, non stiamo affermando che chi non lavora in biologico produce prodotti non salutari), la salvaguardia della terra e dell’ambiente con la flora e la fauna e la sua immensa biodiversità.
Ma non solo. Il Biologico ha dato vita ad una catena di eventi anche sociali e culturali: la nascita di mercati equo-solidali, sostenibilità economica, green economy, finanche un’economia più “etica” con i concetti fondanti di responsabilità e rispetto.
La produzione Biologica, dal 1920 al 2020, è in continuo mutamento ed avanzamento, in simbiosi con l’ambiente, con le richieste di mercato, con la legislazione, non sempre semplice, con i cambiamenti climatici, con lo sviluppo della tecnologia. Tutti elementi che puntano all’innovazione della coltura del biologico, innovazione che si tramuta poi in cultura della società stessa. Bisogna, pertanto, puntare alla conversione, all’integrità e trasparenza, e non meno importante, un prezzo finale equo e reale.[1]
In una dimensione in cui il Ben-Essere è dettato non solo dalle abitudini alimentari, finanche dalla produzione stessa.

Secondo una recente ricerca di mercato visionabile sull’ articolo The case of resveratrol-enriched wines: Is it possible to create a new niche or to revitalize mature products?” (Paolo Storchi, Sergio Puccioni, Cristina Santini  CREA—Research Centre for Viticulture and Enology, Arezzo, Italy,  Dipartimento di Scienze Umane e Promozione della Qualità della Vita, Università San Raffaele, Rome, Italy.), il vino è un prodotto che si presta alle nuove richieste soprattutto in un industria del commercio sempre più competitiva. La ricerca parte certamente dal presupposto che, come descritto in precedenza, l’ideologia del BIO sia riconosciuta ed approvata ma apporta un nuovo contributo espletando il ruolo di un componente presente nell’ uva che potrebbe essere la chiave di volta per l’ incremento di attività commerciali di piccoli produttori di vini “healthy”. Di base, il vino è parte integrante della nostra alimentazione e cultura e attraverso un uso moderato, può apportare dei benefici fisici e mentali, infatti è noto – soprattutto il vino rosso –  esser un potente antiossidante. I consumatori mostrano un crescente interesse verso ciò che è sano ed anche il “The institute of food technology” ha rilasciato  ad aprile nel 2016 una top-ten delle abitudini dei consumatori americani identificando con “Gray people” le persone con più di 50 anni di età che conducono uno stile di vita sano e che mostrano avversioni verso alimenti non naturali.
Su questa base, quindi, gli autori hanno voluto analizzare nello specifico la componente di cui accennata sopra : il RESVERATROLO.

Cos’è il Resveratrolo?
Il resveratrolo è una sostanza prodotta da diverse specie vegetali e che ha delle spiccate proprietà antiossidanti utili all’organismo a proteggersi da patologie cardiovascolari e tumorali. E’ un polifenolo con proprietà antiossidanti che rallenta il processo d’invecchiamento. Agisce positivamente sui livelli di: colesterolo, trigliceridi e glicemia basale ed aiuta a liberare le endorfine presenti nel cervello, aiutando a volte a combattere lievi cali d’umore.  Il resveratrolo è naturalmente secreto dall’ uva ed i vini ne mostrano quantità variabili e ciò dipende da diversi fattori quali il processi di vinificazione, le condizioni climatiche, l’ esposizione dei vigneti a differenti agenti atmosferici.
L’ interesse cade su una nuova modalità di produzione che prevede un incremento di questa componente e, quindi, di una produzione sempre più orientata al BIO. Si parla quindi di un forte interesse che vuole puntare anche sulla crescita di una nicchia di aziende produttive che hanno adoperato questa scelta.
Certamente, ciò deve tener conto delle richieste del consumatore che se da un lato si orienta verso uno stile di vita più sano, dall’ altro storce il naso davanti un prezzo più consistente. A ciò si aggiunge ancora una leggera diffidenza in merito ad una possibile alterazione delle caratteristiche organolettiche del vino in seguito all’ incremento del Resveratrolo. Fortunatamente, per i più scettici, i risultati mostrano come non ci sia nessuna particolare differenza.
Un altro elemento interessante trattato nello studio è il Profilo del consumatore: nello specifico i consumatori più anziani sono meno interessati alla salute e più al prezzo. Chi, invece, è un consumatore occasionale tende a scegliere il vino classificato come “sano” anche se più costoso.

L’ incremento di Resveratrolo ha davvero un benefico per la salute?
E’ un quesito ancora aperto.
Alcuni pionieri hanno mostrato che le condizioni geografiche, la varietà, i metodi di coltivazione e crescita possono influenzare la produzione del resveratrolo ed hanno ipotizzato l’ importanza della produzione del vino arricchito. Ma certamente un dibattito incombe: quanto effettivamente il ruolo benefico attribuito al resveratrolo può porre in ombra i noti danni del consumo di vino? Infatti un quesito che pone la ricerca è legato alla vaghezza sul resveratrolo. E’ risaputo che i polifenoli sono efficaci contro le malattie cardiovascolari ma posto che alcune componenti come i solfiti possono essere, invece, negativi per la salute, resta sempre dubbio il consumo più “libero” di vino solo perché più salutare.

Qual è la metodica prevista per l’incremento delle quantità di resveratrolo?
Un’ altra ricerca parla di trattamenti ad ultrasuoni. Hasan et al. (2014) hanno applicato la tecnica ad ultrasuoni per 5 minuti, seguiti da 6 ore di incubazione (Hasan et al., 2014) per aumentare l’accumulo di resveratrolo in foglie e buccia. Una quantità significativamente maggiore di resveratrolo è stata trovata nel succo d’uva dopo il trattamento in quanto il contatto prolungato nel processo di fermentazione con la buccia porterebbe un aumento (Sun et al. 2006). Certamente l’idea non è creare un dibatti sulla verità ed affidabilità della produzione, bensì si vuole sottolineare una crescente ricerca sul campo confermata dalla scelta di alcuni produttori australiani nell’ introduzione di differenti varietà di uva che naturalmente contengono alti livelli di resveratrolo.

Alla fine di tutto ciò, sorge una domanda:“Quindi, il biologico è più buono?”
In Germania e in Francia sono stati portati avanti degli studi che dimostrano che chi consuma gli alimenti biologici è più sano.[2]
Scientificamente è stato dimostrato che il livello di proteine è maggiore nel latte biologico, ma inferiore, per esempio, nei cereali convenzionali. Nel 2002 è stato condotto uno studio dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione dimostrando che nei prodotti biologici ci sia una maggiore quantità di nutrienti e antiossidanti: non essendo utilizzati prodotti di sintesi, la pianta (darwinianamente parlando) è spinta a produrre da sola una maggiore quantità di sostanze per la sopravvivenza A livello scientifico è chiaro ci sono molti e diversi fattori che possono determinare il livello qualitativo e quantitativo tra biologico e convenzionale. Diverso invece è se si parla di nitrati, pesticidi e metalli pesanti, ove qui la biologica opera al fine di ridurre ed eliminarli completamente dalle pratiche agronomiche. Più sano, inoltre, non significa per forza di cose più buono! Diversamente se la bontà del prodotto è riferita alla catena etica che ha alle spalle.

Biologico: punti a sfavore
La resa: tasto dolente del Biologico è che per produrre una considerevole quantità di prodotti biologici, è necessaria una maggiore estensione con una conseguente minore resa per ettaro (e qui verrebbe meno la sostenibilità). O ancora la produzione maggioritaria di gas serra prodotti dai cereali, latte e allevamenti di suini in Biologico.[3]

 Biologica e viticoltura
Nell’ambito della viticoltura, sono molte le aziende, nel panorama italiano ed europeo, che si stanno convertendo al Biologico, al Biodinamico o al Naturale.
Rimanendo nel panorama italiano, è la Sicilia la regione con la maggior quantità di ettari Biologici e di aziende certificate (nel 2018 se ne contavano quasi diecimila). Nel 2017, in termini di viticoltura,  ha rappresentato infatti il 34% della produzione nazionale di ettari vitati biologici (con un +17% rispetto al 2016).
Ma quale è la differenza? Per saperne di più linkiamo qui l’articolo dettagliato già presente sul blog di Luca Mercatanti

[1] Fonti: FEDERBIO, Federazione Italiana Biologico in movimento.

[2]http://www.organicresearchcentre.com/manage/authincludes/article_uploads/Dossier_Quality_E_light.pdf

[3] Studi e ricerche dell’Università di Oxford

Bio Autore

Serafina Scirica

Psicologa formata in Neuropsicologia, leggo del “Vino” da neofita ma sicuramente il mio prossimo obiettivo sarà frequentare un corso AIS.
Bere un “calice di vino” significa sorseggiarlo da soli immersi tra i propri pensieri, è gederne in compagnia su una tavola imbandita per gioire della tradizione famigliare nelle festività.
Quando beviamo del buon vino, esso ci regala gli odori della terra che l’ha accolto e l’amore di chi lo ha cresciuto, ci investe dei suoi colori e ci inebria con i suoi odori.
Ho riscoperto l’amore per la scrittura come mezzo per condividere e comunicare ciò che mi appassiona ed è per questo che ho di recente aperto un blog sulla psicologia e neuropsicologia e, poiché da sempre il mondo del Vino mi attrae e mi incuriosisce, ho pensato: “perché non provare ad unire le due cose?”
Vorrei quindi farvi appassionare a ciò che mi ha portata ad intraprendere questo percorso: il connubio Mente, Psiche, Cervello e Vino.

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