Flaibani: visita ad un vigneto giardino con lezione di agricoltura biodinamica

E’ una bella mattinata di fine febbraio (e sicuramente non immaginavo che questa sarebbe stata l’ultima visita in cantina prima dal Covid-19), quando insieme agli amici sommelier torno a visitare l’azienda vinicola Flaibani a Cividale del Friuli, nella Doc Friuli Colli Orientali. Ad accoglierci la titolare Bruna Passetti che da qualche anno gestisce l’azienda insieme al marito Maurizio e al suocero Pino Flaibani.

Ho conosciuto Bruna un paio d’anni fa in occasione di una intervista per la guida Slow Wine e la sua simpatia, insieme all’entusiasmo e alla passione che mette nel suo lavoro ha fatto subito scattare un “feeling” speciale tra di noi.

Parliamo di una piccola realtà familiare nata nel 1976, circa 5 ettari fra boschi e vigneti arrampicati sulla collina di Casali Costa, su cui domina bella casa-cantina della famiglia Flaibani, circondata da un piccolo bosco da cui si gode di una vista spettacolare. Partendo dal lavoro di Pino che, da viticoltore autodidatta, ha sempre gestito i vigneti senza l’uso di diserbanti e trattamenti chimici, Bruna ha proseguito con la stessa filosofia, acquisendo la certificazione biologica nel 2016. Ma non si è accontentata. Continuando a studiare e a sperimentare è entrata in contatto con il grande esperto di biodinamica Alex Podolinski e i suoi insegnamenti l’hanno portata a proseguire il cammino verso la conversione biodinamica.

Le vigne hanno un’età media di 50 anni e si trovano in un anfiteatro naturale, con una pendenza impegnativa ma con un’ottima esposizione, principalmente verso sud/sud-ovest. Camminando nei vigneti la prima sensazione è quella di camminare su un morbido tappeto. Questo è il risultato delle buone pratiche di agricoltura applicate, con diserbo meccanico e sovesci, eseguiti dopo una semina di vari tipi di erbe, che rendono il terreno soffice e arioso.

Scopriamo che la sostanza più importante che deve trovarsi nel terreno perché sia vivo e produttivo è proprio l’aria. Un terreno compattato impedisce il lavoro dei microrganismi nei terreni. Senza aria, nessun processo vitale è possibile. Il compattamento costituisce una barriera per le sostanze nutritive che vengono cedute dalle erbe spontanee che vi crescono e che sono fonte di carbonio organico nel suolo. Questa vitalità può essere accresciuta ulteriormente con i preparati biodinamici.

Pendevamo dalla sue labbra, tutti con i nostri quadernetti a prendere appunti, quando dopo poco Bruna ci ha resi partecipi delle sue esperienze in vigna raccontandoci con dovizia di particolari il suo approccio all’agricoltura biodinamica, alla quale si è avvicinata negli ultimi anni seguendo uno stile di vita che già le apparteneva e che l’ha portata ad usare oltre a rame e zolfo, già consentiti nella coltivazione biologica, anche i due preparati fondamentali della biodinamica: il preparato 500 (cornoletame) e il 501 (cornosilice).

Il cornoletame si sparge sul terreno in primavera e in autunno, dopo aver effettuato la dinamizzazione in acqua alla temperatura di 33° non clorata (meglio acqua piovana o di fonte), in un contenitore di rame. Questo procedimento viene fatto manualmente da Bruna, con un movimento circolare alternato che dura un’ora e serve ad aumentare il numero dei batteri aerobi, che si trovano a temperatura ottimale e con tanta aria nell’acqua dovuta alla dinamizzazione, e passano da 500 milioni per grammo a 500 miliardi. Poi si distribuisce nel tardo pomeriggio sul terreno umido, precedentemente lavorato, in percentuale di 100 g/ha. La quantità è minima, ma lei che lo ha provato in prima persona ha visto il terreno modificarsi e diventare più vivo, anno dopo anno. Parlando con Bruna ci si accorge che non c’è niente di esoterico in queste pratiche se applicate con il giusto grado di buon senso. Che si debbano seguire le fasi lunari per la varie lavorazioni in agricoltura è cosa risaputa e applicata da tutti i contadini da secoli, che questo preparato debba essere preparato con letame vaccino fresco messo in corni di vacche e seppellito per un periodo che va da novembre fino a Pasqua (alcuni testi dicono da San Michele ad aprile inoltrato) prima di poter essere adoperato può sembrare un po’ strampalato, ma ciò che conta è il risultato.  Alla fine ciò che si ottiene è un concime ricco di flora batterica, che si presenta come una torba morbida e umida con un leggero e piacevole odore di funghi e sottobosco.

L’altro preparato fondamentale che si usa da Flaibani è il cornosilice, a base di quarzo bianco, che viene nebulizzato direttamente sulle foglie della vite, sempre dopo il processo di dinamizzazione. Il suo compito è quello di attrarre la luce, o meglio di potenziare e concentrare le forze luminose della silice sulle foglie, stimolando così tutti i processi che la luce provoca nella fisiologia vegetale e dando struttura alla pianta.  Il risultato è che le foglie dopo il trattamento è come se si posizionassero meglio alla ricerca della luce, aumentando il loro vigore e la loro resistenza agli attacchi fungini. Il 501 viene spruzzato dalla formazione delle prime 5 -7 foglie fino alla maturazione dell’uva, in un numero di trattamenti variabile rispetto all’andamento stagionale, per un minimo di almeno 3 volte.

Quindi qual è l’insegnamento di Bruna sull’agricoltura biodinamica? Il concetto importante è che non serve conoscere l’influsso dei pianeti sulle piante, ma soprattutto applicare corrette pratiche di agricoltura. Con l’aiuto dei preparati biodinamici, ben fatti e con una dinamizzazione ben eseguita, i risultati sono sorprendenti e visibili in poco tempo.

Altra pratica importante per Bruna è quella di non cimare le piante, in perfetto accordo con il suo collega FIVI Lorenzo Mocchiutti dell’azienda Vignai da Duline. Infatti quando si cimano le piante si blocca anche la crescita delle radici e questo processo a lungo andare stressa le viti.
Le tecniche di vinificazione seguite sono poche e semplici, da veri artigiani del vino: raccolta manuale, diraspatura, spremitura con il torchio, fermentazione in acciaio per i vini bianchi, affinamento in botte di rovere francese più o meno lungo a seconda dei vitigni per i vini rossi.

La produzione dell’azienda Flaibani si divide quantitativamente a metà tra vini rossi e bianchi, in controtendenza al dominio dei vini bianchi che di solito si riscontra in questa DOC.

Degustazione

  • Flaibani Riviere 2017 – Un friulano particolarmente aromatico ottenuto da un vitigno antico e ormai raro: il tocai giallo dal peduncolo rosso. E’ un vino intenso ed elegante al naso, con sentori di pesca bianca ed erbe aromatiche, che in bocca spicca per freschezza e sapidità, con un buon corpo, persistenza e un bel finale di mandorla. Raro.
  • Flaibani Pinot Grigio Ramato 2017 –  Forse il miglior vino di questa cantina, è stato citato anche da Armando Castagno nel suo ultimo libro “Vini artigianali italiani”. Il colore è un bellissimo rosa antico, frutto di 24 ore di macerazione sulle bucce. La solforosa quasi insignificante, 40-60 mg/lt, il naso spaziale, di pesca e mela con una leggera nota ferrosa, bocca intensa e piena. Emozionante. Assaggiamo anche il 2018, diverso ma egualmente bello al naso con sentori più agrumati e floreali, dolce e sensuale. In bocca è fresco, intenso, con un finale lunghissimo e godurioso.

  • Flaibani Schioppettino 2018 – Questo vitigno contiene un’alta concentrazione di Rotundone, il composto responsabile dell’aroma del pepe nero, ed è proprio il pepe la spezia che spicca su tutte al naso, oltre alla rosa rossa e alla ciliegia matura, mentre la bocca è morbida, rotonda e calda. L’annata 2018 è stata calda e siccitosa, mentre questo vitigno predilige acqua e fresco, quindi diciamo che questa annata non esprime le note vegetali tipiche del vitigno, ma al palato è scorrevole e richiama al sorso. Insolito.
  • Flaibani Merlot 2014 – Annata molto piovosa con 2400 mm/anno invece dei soliti 1700 della zona di Cividale, si è raccolto poco, l’alcol si ferma al 12%, quindi poche le bottiglie prodotte con l’uva più sana da un vigneto del 1958 allevato a cordone speronato. Il risultato è un merlot irruento e fresco con tannini ancora vivaci, molto piacevole. Assaggiamo anche il Merlot 2017 che troviamo intenso al naso, con note speziate di tabacco e frutti rossi. Più ricco e complesso all’assaggio del precedente, è caldo e avvolgente, con tannini setosi. Il finale è lungo ed equilibrato. Succoso.
  • Flaibani Cabernet Franc 2016 – Di colore rosso rubino intenso colpisce per il profumo di noce moscata ed erbe aromatiche, con note balsamiche. Al palato si mostra vivace, fresco, maschio, con tannini asciutti e finale lungo. Una certezza.
  • Flaibani Tentazione 2012 – 50% cabernet sauvignon, 30% merlot, il resto cabernet franc e refosco: un bordolese che parla friulano. 10 mesi in barrique di rovere francese. Intenso e fine nei profumi si mostra elegante, caldo e vellutato al palato, con grande persistenza ed armonia. Una tentazione, appunto.

Bio Autore

Rosa Prisciandaro

Mi occupo di informatica dagli anni ‘80, seguendone i cambiamenti ed evolvendo io stessa da programmatore a Web Designer e Content Manager.
La mia vita mi ha portato a viaggiare molto, per lavoro e per piacere, negli Stati Uniti per quasi un anno e poi in varie città italiane, finché sono arrivata in Friuli Venezia Giulia, che ora sento come casa mia. Ma sempre la mia curiosità, insieme con la passione per la natura e per il buon cibo, ha fatto sì che esplorassi questo territorio con occhi nuovi, accorgendomi di vivere in una regione che è come un grande vigneto, che va dal mare fino quasi alle montagne.
Così avvicinarmi al mondo del vino è stato naturale. Nel 2009 ho cominciato il corso da Sommelier con AIS e nel 2011 mi sono diplomata. Ho imparato un nuovo linguaggio, quello del vino, con le sue cadenze e le sue particolarità. E ora scrivo per trasmettere emozioni, cercando di portarvi con me quando assaggio un vino, quando esploro un vigneto, quando ascolto un viticoltore che mi racconta la sua storia e i suoi progetti.

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