Differenza DOC, DOCG, IGT, DOP (con un po’ di storia)

Quando si parla di sigle nel vino, è facile fare confusione, in particolar modo per i neofiti. La suddivisione legislativa nel mondo vitivinicola non è complessa, ci sono poche e semplici cose da ricordare ed oggi cercheremo di andare a vedere le questioni principali che ruotano intorno a questo argomento. Coglieremo l’occasione per ripercorrere anche storicamente l’evoluzione della “piramide dei vini Italiani”, partendo dal 1861 per arrivare ai giorni nostri, con il Regolamento Comunitario Europeo del 2008.

Un po’ di storia

Prendendo come anno di di riferimento quello dell’Unità d’Italia, 1861, possiamo dire che fino al 1930 non vi fu alcun interesse univoco per quanto riguarda la regolamentazione del vino. Gli unici aspetti che venivano trattati erano quelli inerenti genuinità del vino, tralasciando eventuali indicazioni volte a tutelare la qualità e l’origine delle produzioni vitivinicole.
Nel 1930, il Ministero dell’Agricoltura introdusse una prima classificazione qualitativa del vino, definendo tre tipologie:

  • Vini Speciali
  • Vini Superiori
  • Vini Fini

Questa suddivisione non ebbe un grande impatto nel settore, tanto che dovremmo aspettare il 1963 per l’emanazione del D.P.R. n. 930 sulla tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini. Questo sarà il primo provvedimento nazionale a disciplina delle produzioni vitivinicole, con il quale verrà stabilito il concetto di “Denominazione di Origine“. Tale atto normativo definirà con regole precise la produzione e la commercializzazione dei vini mediante i “Disciplinari di produzione”, l’istituzione di appositi albi ed il sistema di denuncia dei quantitativi di uva prodotta da destinare alla produzione di una determinata denominazione. Tale D.P.R. stabilirà inoltre una classificazione di questo tipo:

  • Vino a Denominazione di Origine semplice
  • Vino a Denominazione di Origine Controllata
  • Vino a Denominazione di Origine Controllata e garantita

Nel 1992 vede la luce la Legge n.164/92, la quale introdurrà una serie di innovazioni:

  • Introduzione IGT
  • La scelta vendemmiale, che consente di utilizzare la produzione di uno stesso vigneto per più Denominazioni d’Origine
  • Il riconoscimento delle sottozone, ossia aree più ristrette all’interno di Denominazione di Origine
  • Obbligatorietà di analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione

Con la Legge 164/92 arriviamo a quella che è la “Piramide dei vini” che oggi conosciamo e che utilizziamo in Italia:

  • Vini DOCG
  • Vini DOC
  • Vini IGT

Nel 2008, la Comunità Europea decide di attuare un processo di riforma all’interno del settore vitivinicola. I lavori vedono così nascere il Regolamento Europeo 479/2008, il quale introduce alcune novità per quanto riguarda la produzione, etichettatura, commercializzazione e denominazione a livello internazionale. L’aspetto che forse più ci interessa è però la semplificazione della “piramide del vino” che abbiamo appena visto, in particolar modo per tutelare quanto più possibile il consumatore finale, amante sì del vino, ma non sempre esperto del settore.
Il Regolamento prevede quindi esclusivamente tre categorie:

  • Vini DOP
  • Vini IGP
  • Vini generici (con o senza annata e vitigno)

La semplificazione principale la ritroviamo, com’è facile intuire, nei vini con indicazione di origine: DOP ed IGP.

Quindi è sbagliato continuare a parlare di DOCG, DOC, IGT e vini da tavola? Assolutamente no, in quanto gli Stati Membri possono continuare a utilizzare le proprie classificazioni tradizionali riferite alle Denominazioni di Origine e Indicazioni Geografiche.

Quali sono le differenze?

La doverosa premessa da fare è che, in linea di massima, non è detto che un vino D.O.C.G. sia migliore di un D.O.C. o, addirittura, di un I.G.T. I vini DOP devono rispettare uno specifico disciplinare, con il quale si certificano gli standard di quella specifica bottiglia, ma niente vieta che un vino IGT sia migliore di un DOCG, anche perché entriamo in un campo in cui il gusto personale influisce molto. Un vino D.O.C.G. o D.O.C., comunque, è sinonimo anche di qualità, oltre che stretti controlli che vengono effettuati prima della messa in commercio, i quali garantiscono livelli di produzione molto alti. I vini D.O.C.G. hanno elevate qualità intrinseche e per poter ottenere questa Denominazione devono essere stati per almeno 5 anni delle D.O.C.
Prendendo come riferimento la “piramide dei vini italiani”, le differenze sono le seguenti.

    • Vini da tavola
      Alla base della nostra piramide troviamo i “vini da tavola”. Sono quei prodotti senza alcun riferimento geografico. Non ci sono regole per la varietà di uve utilizzate, le quali possono provenire anche da differenti zone geografiche.
    • Vini I.G.T. (Indicazione Geografica Tipica)
      Questi vini sono caratterizzati dall’indicazione geografica di provenienza, del vitigno base e dall’annata di vendemmia. La particolarità, come il nome stesso già fa intuire, è che le uve devono essere raccolte per almeno l’85% dalla zona geografica di cui portano il nome. Oltre a questi elementi, devono essere rispettati alcuni parametri indicati all’interno dei disciplinari:

      • Resa massima delle uve per ettaro
      • Resa di trasformazione delle uve in vino
      • Gradazione alcolometrica minima naturale
      • Vitigni di origine permessi
  • Vini D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata)
    Sono prodotti in una zona geografica ben precisa e devono rispondere a delle caratteristiche chimiche ed organolettiche ben precise, fissate all’interno dei disciplinari. Il disciplinare prevede inoltre le tipologie di vino che è possibile produrre, i quantitativi di uva che si possono ottenere per ogni ettaro, le varietà che è possibile utilizzare, la gradazione alcolometrica naturale minima, il tipo e la durata di un eventuale invecchiamento.
    I controlli per questa tipologia di vino sono, come per gli I.G.T., di tipo chimico, ma in aggiunta a questi vi è anche l’analisi organolettica.
  • Vini D.O.C.G.(Denominazione di Origine Controllata e Garantita)
    Siamo arrivati al vertice della nostra piramide. Le regole imposte da parte dei disciplinari sono più rigide rispetto ai vini D.O.C. ed in questo caso le fascette che chiudono la capsula termorestringente del vino sono dotate di un codice univoco e vengono rilasciate da parte dello Stato.

L’etichetta dei DOP (DOC, DOCG)

L’etichetta dei vini DOP, essendo la “carta d’identità” di vino, deve contenere specifiche informazioni quando siamo difronte ad un DOP (ricordiamo, quindi, che in Italia parliamo di DOC e DOCG). Quali sono? È presto detto, quest’immagine ci aiuterà a capirlo!

Etichetta dei vini DOP

  1. Regione determinata da cui proviene il prodotto
    Indica la zona geografica da cui proviene il prodotto (es. Alba) che può essere accompagnata dal riferimento del vitigno (es. Dolcetto)
  2. Menzioni specifiche tradizionali D.O.C. o D.O.C.G. (D.O.P.)
    Le espressioni Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) o Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.) significano che si tratta di un prodotto altamente qualificato, ottenuto nel rispetto di norme rigorose che ne garantiscono una qualità elevata. Queste indicazioni possono essere accompagnate o sostituite dalla sigla D.O.P. che definisce, a livello europeo, i Vini a Denominazione d’Origine.
  3. Volume nominale del vino
    Il volume nominale del vino deve essere indicato in litri, centilitri o millilitri.
  4. Annata
    A partire dalla vendemmia 2010 l’indicazione dell’annata è obbligatoria per tutti  i vini D.O.C.G. e D.O.C., a esclusione delle tipologie spumante, frizzante e liquoroso.
  5. Indicazione del produttore o imbottigliatore
    Deve essere sempre indicato ogni riferimento relativo al produttore e/o all’imbottigliatore (per i vini importati, l’importatore o il venditore) con relativa ragione sociale e luogo dello stabilimento. In aggiunta è possibile utilizzare un codice (se previsto nello Stato Membro) che identifica ulteriormente uno di questi soggetti.
  6. Indicazione della provenienza
    Il termine “prodotto in” seguito dal nome dello Stato Membro, indica il territorio in cui le uve sono state vendemmiate e vinificate.
  7. Indicazione del lotto
    Numerazione che indica un insieme di bottiglie appartenenti alla medesima partita, prodotte in circostanze praticamente identiche. È preceduto normalmente dalla lettera “L”.
  8. Indicazioni ecologiche
    Sui contenitori o sulle etichette dei prodotti immessi sul mercato può figurare anche un invito a non disperdere i contenitori nell’ambiente dopo l’uso.
  9. Contiene solfiti
    Indica che il prodotto è stato trattato con allergeni quali anidride solforosa.
  10. Titolo alcolometrico effettivo
    La gradazione deve essere espressa con unità o mezze unità di percentuale in volume (es. 10% vol,10,5% vol) e può essere preceduta dall’espressione “titolo alcolometrico effettivo” o “alcole effettivo” o dall’abbreviazione “alc”.

Fonti | FederDoc

Bio Autore

Luca Mercatanti

Mi occupo di Web&Digital dal 2007, ma a partire dal 2016 mi sono affacciato al mondo del vino in modo professionale, senza alcun interesse economico.

Ho deciso di aprire WineSommelier.it per dare la possibilità a tutti di imparare a rapportarsi con il vino, cercando di spiegare il mondo vitivinicolo in modo semplice.
In questa impresa non sono solo, diversi sono gli autori che quotidianamente dedicano parte del loro tempo per scrivere articoli.

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