Degustazione Tenuta Ponte, alla scoperta della Campania

Se devo riconoscere una pecca alla mia amata Toscana è quella di essere un po’ solipsista. Tra rossi importanti, storici, più o meno blasonati, e bianchi come la Vernaccia o il Vermentino, che ben si abbinano alla nostra cucina più costiera, tendiamo a rimanere chiusi nei nostri confini, senza allungare il naso né più a Nord (fatta eccezione forse per la confinante Liguria), nè, tanto meno, più a Sud. Ecco perché di fronte alla domanda “Cosa ne pensi dei vini Campani?”, rimango sempre un po’ interdetta.
“Beh, a parte in occasione di qualche fiera, non ho avuto granché modo di approfondire”, è la mia classica risposta… Che se poi c’è una cosa che mi irrita è proprio quella di non poter esprimere il mio parere su un argomento.
Ma ecco che, una delle tante volte in cui tiravo fuori la famosa frase di cui sopra, arriva in mio aiuto Graziano. Graziano è un giovane imprenditore, che ha deciso di prendere le redini della cantina di famiglia, Tenuta Ponte, nell’Irpinia. Graziano è entusiasta, pieno di idee, ma, sopratutto, vuole aiutarmi a colmare la mia lacuna.

“Te ne mando una campionatura, fammi sapere cosa ne pensi, vedrai che il pacco arriverà in settimana!”
E così è stato.

Degustazione Tenute Ponte

La curiosità era talmente tanta da non farlo rimanere più di una settimana a riposo nella mia cantina, mi sono messa subito all’opera, allineando ben 6 bicchieri sul tavolo da pranzo, pronta ad indagare cosa l’avellinese avesse da regalare.
Ed è così che ho potuto fare conoscenza con un nuovo vitigno, il Coda di Volpe, prendere confidenza con il corpo e il calore dell’Aglianico, apprezzare la sapidità di un Greco di Tufo differente da quello Maremmano e della bassa Toscana.
Che dire, forse una delle cose che più amo del mondo del vino è proprio questa: avere sempre qualcosa da imparare, qualcosa di nuovo da scoprire. Come se dietro ad ogni vetta, non si celasse solo un placido pendio, a cui segue una vallata, ma si potesse già scorgere all’orizzonte un nuovo sentiero, pronto per essere calcato.

  • Fiano di Avellino DOCG 2018
    Colore giallo paglierino scarico nel colore, ma con vaghi accenni di dorato sul disco, consistente. L’intensità è media e su tutte spicca una nota sgrumata non troppo citrina, più di pompelmo che di limone, fiori bianchi freschi e un leggero sentore di mandorla tostata. Morbido, ma comunque abbastanza fresco e con una buona sapidità, il sentore mandorlato si ritrova nel retrogusto.
  • Falanghina 2018
    Il giallo paglierino qua assume invece riflessi più verdolini, stessa consistenza del precedente. Su tutto al naso prevale un fiore d’arancio, una zagara. Forse un po’ più fresco del precedente, caratteristiche che ne bilancia molto bene la morbidezza.
  • Greco di Tufo DOCG 2018
    Ancora una volta siamo in linea con i precedenti per colore e consistenza. La mineralità di sorso si esprime già all’olfatto, anche qui sentori di frutta secca.
  • Coda di Volpe 2018
    Stessa vista, ma naso molto più intenso e complesso, carico di frutti differenti. Mela golden, albicocca, ma a primeggiare è la banana. Al gusto è morbido, avvolgente, caldo, con una bella sapidità che non lo rende affatto stucchevole ed una discreta persistenza.
  • Carazita 2015
    Rosso rubino impenetrabile, con riflessi purpurei, una consistenza importante. Il profumo è intenso, c’è tanto frutto, una bella ciliegia ed altri frutti carnosi, uniti ad un mix di fiori ancora giovani. L’ingresso deciso è caratterizzato dalla freschezza, che subito dopo lascia spazio ad un tannino giovane e ancora poco domato, che necessita di un può di tempo sotto vetro, ma che ha parecchio da dare.
  • Turasi 2013
    Anche qui il rosso rubino è carico, ma con un disco che vira verso il granato. All’olfatto conserva bene quei sentori di frutta rossa che erano presenti già nel Carazita, andando però ad esprimersi in versioni sottospirito, i fiori cominciano a macerarsi.
    Bella la scelta del passaggio in una botte di grandi dimensioni, così da non cedere una speziatura invadente che coprirebbe la tipicità degli aromi dell’Aglianico. ll corpo è importante, con un tannino ancora ben presente, ma giustamente integrato nella trama del vino, c’è ancora freschezza. Un vino che definire longevo sarebbe riduttivo.

Bio Autore

Elena Di Ciolo

Aspirante psicologa approdata nel mondo del vino.
Da sempre amante della cucina, cresciuta al tavolo da pranzo del nonno, vista fornelli: il passo dal piatto al bicchiere è stato breve, naturale.
Galeotto fu un corso di avvicinamento, intrapreso quasi per gioco, al posto del padre che non poteva presenziare. Da lì è scoccata la scintilla, l’amore, e poi la voglia di conoscere, di saperne di più, e l’iscrizione al corso AIS.

Curiosa sia per indole che per formazione, mi è inevitabile approfondire ogni etichetta, andare a cercare la componente “umana” che si cela dietro ogni bottiglia. Spostandomi in giro per l’italia, vado alla scoperta di realtà e persone nuove e differenti, passando da piccoli produttori ad aziende che dominano il panorama attuale.
Completamente incapace di non comunicare, trovo lo scrivere un ottimo mezzo per poter condividere queste esperienze, i miei pensieri, le mie opinioni. E se il “Super Io” è solubile in alcool, come pensava Freud, sarò sicuramente sincera.

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