Fattoria ColSanto

Ho conosciuto quest’azienda durante l’evento di Enologica Montefalco nel 2017. Ci sono poi tornata in visita qualche tempo dopo, per poi ritrovarmi ad un piacevolissimo pranzo con degustazione proprio in occasione dell’Anteprima Sagrantino 2017. Non so quanto si possa chiamarlo destino, ma ci andiamo vicinissimi.
Fattoria ColSanto è un’azienda che ha tanto da raccontare, legami profondi con il territorio, non solo umbro, e questo lo capirete presto.
La mia Cicerone che ha accompagnato ogni volta le WineExperience è stata Elisabetta Perri, una donna che racchiude professionalità e la professionalità racchiusa in una donna. Per me, lei rappresenta ciò che c’è di più bello nel mondo dei winetales.

“Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle squisitezze delle portate, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi.”
-Cicerone

L’azienda
Ci troviamo nella zona di Bevagna che rientra nella denominazione Montefalco. ColSanto sorge su una collina con un paesaggio che si presenta subito suggestivo oltre ogni paramento: Assisi, Spello, Montefalco e il monte il Subasio. Ecco pertanto la scelta del nome, “colle che guarda i Santi” (Santa Chiara, San Damiano e San Francesco).

Ad accoglierci un lungo viale alberato di cipressi in duplice fila direttamente da Bolgheri. Ma quello che mi preme sottolineare è che ColSanto nasce dalla passione di viticoltori Friuliani, la famiglia Livon, per “i grandi vini rossi del centro Italia: Sangiovese e Sagrantino”.  Ecco allora sorgere due tenute dedicate a questi due vitigni: in Toscana con Borgo Salcetino e in Umbria con ColSanto.
E’ nel 1990 che la famiglia Livon arriva in terra umbra, facendo rinascere l’attuale azienda dallo scheletro di un antico granaio del ‘700.
24 ettari in Umbria (totali 250, di cui 210 in Friuli), stile bordolese con 7500 piante per ettaro: poche gemme, poca uva (circa 800 per pianta) ma grande resa qualitativa. Il terreno costa prevalentemente di limo e argilla.
Il metodo di allevamento è il Cordone speronato e si allevano Sagrantino, Sangiovese, Montepulciano e Merlot per quelli a bacca rossa, Trebbiano Spoletino a bacca bianca. La filosofia aziendale persegue l’utilizzo di Barrique (ungherese e francese) e Botti a temperatura controllata. In fase sperimentale un Sagrantino in purezza (annata 2016) affinato in anfora o clayver (gress) non rivestita: questo per “mantenere la ricchezza del varietale, come la croccantezza,il frutto e la piacevolezza del fiore”- racconta Elisabetta.
L’idea è di fare  un taglio con Sagrantino Clayver e Sagrantino Legno.
ColSanto è un’azienda relativamente giovane che ha il desiderio spasmodico di sperimentare e comprendere e comprendere per sperimentare. Un po’ come un giovane Frederick Frankestein di Gene Wilder cinematografico:

“Non è forse esatto, allora, che Darwin conservò alcuni pezzi di vermicelli in una scatoletta e per chissà quale causa straordinaria, essi cominciarono effettivamente a muoversi con movimenti volontari?”

“Si può fare?”-si può fare. Ciò che è emerso dall’ultima visita in cantina, è che il Sagrantino ha ancora tanto da raccontare : la sua versione secca, e non passita, è giovanissima. Molte aziende attualmente sperimentano, come Colsanto, con diverse declinazioni, chi con una versione metodo classico, chi con un blend fatto sempre di Sagrantino ma con affinamenti diversi e lunghi, spiega Antonio Consalvo, l’enologo dell’azienda: “il Sagrantino a livello di gestione  agronomica è difficile. Il primo che germoglia e l’ultimo che matura, tanti passaggi  e cura nella maturazione e tanta attenzione in cantina”.

Vi racconto un annedoto sull’azienda: il Passito non lo producono sin da subito. Approdati in Umbria si concentrano sullo studio del Sagrantino e sulla sua produzione secca (come sopra accennato). Dopo qualche anno il cantiere, friulano, si rende conto dell’enorme potenzialità di questo vitigno, “trafuga” in vigna le uve e ne fa passito, presentandolo all’azienda dopo quasi 2 anni e mezzo. Il risultato è così sorprendente che lo stesso anno entra in produzione con 10 quintali. Montarone (il nome della vigna) Passito, non rientra però  nella DOCG del Passito Sagrantino perché da disciplinare dovrebbe fare un periodo di maturazione e affinamento complessivo di 30 mesi. ColSanto, invece, arriva più o meno a 24 mesi, “declassandolo” a IGT.
Una storia romantica dal sapore agrodolce. Un po’ come il legame tra Van Gogh e Paul Gauguin.

Passiamo alla degustazione abbinata a piatti tipici umbri nella grande sala con camino e vista sulla vigna, un po’ come il romanzo di E.M Forster, Camera con vista.

  • CantaLuce IGT, Trebbiano Spoletino  2018
    Annata più fredda rispetto alla 2017. Vinificazione in legno, barrique nuove (una % minore) e una %  botte grande, seguono 7/8 mesi sui lieviti con frequenti bâtonnage, che oltre a rimettere in sospensione quel deposito che andrebbe a mettersi sul fondo va in ausilio del lievito che va in lisi cellulare, un processo enzimatico che degrada la cellula di lievito trasferendo al vino tutti quei composti come le manno-proteine che permettono la rotondità, stabilizzano il vino. La 2018 è la seconda annata prodotta di CantaLuce. Nel calice abbiamo un giallo paglierino con riflessi oro leggeri, delicati. Ancora un colore freddo,dopotutto. A naso  sentori verdi e minerali, sambuca, agrumi e frutta acitrina che richiamano tanta freschezza che ritroviamo in bocca accompagnandone la struttura e una lunga e finale scia minerale.
  • CantaLuce IGT, Trebbiano Spoletino 2017
    Prima annata per il Trebbiano Spoletino di ColSanto: vigna del ’70,sullo stesso appezzamento tre cloni di Trebbiano, originariamente a piede franco.
    Colore più caldo, qui i riflessi oro sono più vividi, complice anche l’annata più calda con una resa minore. A naso abbiamo frutta a polpa gialla, tropicale, matura, floreale profumato che ricorda la camomilla e il biancospino ed una nota salmastra. In bocca l’assaggio pià rotondo, grasso senza mai allontanarsi da freschezza e acidità con un ritorno al minerale. Anche qui il finale è lungo e ben si abbina al formaggio al tartufo proposto in abbinamento.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2012
    70% in botti di legno 30% in acciaio.Segue 15 mesi in botti di legno e in acciaio per 12 mesi, e ancora un affinamento in bottiglia. Un vino che non lascia spazio a indugi: struttura, fibra, corpo, lunghezza e longevità. Una speziatura mai invadente e declinata al cacao amaro, al caffè, al tabacco. La curiosità del Sagrantino è sempre il riuscire a dominare il tannino senza addomesticarlo fin troppo in fondo.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2013
    Annata attualmente in commercio. . I terziari si declinano tra caffè, polvere di caffè, tabacco e bacca vaniglia. La frutta, rossa, polposa, è matuta e richiama la confettura. Fiori macerati ed erbe officinali.Intenso, strutturato, piacevole. Tannino integrato  ma ancora vivido. Tanta acidità e finale sul frutto.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2017
    Annata presentata quest’anno. Qui ancora gioca tanta freschezza anche al naso, minerale, erbaceo, erbe officinali. Il frutto è una mora, una marasca, frutta rossa, floreale e sentori di pepe rosa. Il tannino è marcatamente presente ma integrato, tanta struttura e un grande margine di invecchiamento.
  • Montarone Passito, IGT Umbria, 2015, 16%
    2015 annata ideale ed ultima annata prodotta, qui lascio raccontare ad Elisabetta la lavorazione del passito:
    “Raccolta rigorosamente a mano per selezionare i grappoli in cassette piccole. La raccolta nel caso specifico di quelle bottiglie è stata fatta ad Ottobre avanzato (seconda metà, autunno incantevole fu praticamente un’estate di S.Martino anticipata). Appassimento forzato in ambiente ventilato (hanno una piccola cascina interamente dedicata a questa operazione). Pochissimi i grappoli stesi sui graticci, quasi tutta la produzione (ca 10 quintali) viene appesa grappolo per grappolo (dal picciolo) su reti appositamente stese per l’occasione. Si appende per via del grappolo decisamente serrato del Sagrantino che non lascia possibilità all’ossigeno di areare correttamente lo spazio tra acino ed acino. Dunque stendendola è facile che la parte dell’uva che tocca il graticcio o la stuoia inizi a sviluppare muffa (cenere per nulla nobile da queste parti). Appendendola tutto il grappolo è correttamente esposto all’aria. La piccola parte destinata al graticcio (meno del 5% più o meno), è costantemente areate artificialmente (ventilatori). Lampade insetticida a profusione. Sta così a disidratare, appassire e concentrare zucchero per circa 2 mesi e mezzo. Poi pigiatura, fermentazione lenta in acciaio, periodo di maturazione 24 mesi (mezzo anno in meno per ottenere la dop, ma c’è troppa richiesta da parte di clienti solidi e storici, sacrificano 6 mesi lo declassano in Igt e accontentano tutti).”
    In bocca è un turbinio di frutta secca e frutta matura e candita. Confettura di marasca, cioccolato al latte ed erbe officinali, leggermente amaricante ma fresco. Sottobosco e un pot-pourri di fiori rossi. In bocca è avvolgente, un residuo zuccherino e un tenore alcolico che mascherano il sagrantino. Un tannino che asciuga e una bevibiltà che non stanca mai.
  • Merlot 2019, campione da botte, non ancora in commercio.
    Questa è stata una sorpesa, un regalo dell’azienda da farci assaggiare prima delle chiarifiche e delle altre lavorazioni. Abbiamo un Merlot tanto colorate nel bicchiere, con una trama intensa e carica. Visciola, amarena, floreale carnoso, geranio. Succosità e croccantezza. Curiosa quando uscirà? Assolutamente si.

Dovrei aggiungere che abbiamo degustato anche il loro Picolit 2019, abbinato ad una torta di mele (abbinamento perfetto!): tra mineralità, freschezza, pasta di mandorle, cedro e sapidità per terminare il pranzo con la loro Grappa, che ancora devo imparare a bere!

Grazie a tutto il Team ColSanto per avermi ospitata, ancora una volta, e grazie di arricchiere ogni volta la mia conoscenza con la vostra, come direbbe Primo Levi:

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.”

Bio Autore

Elena Di Vaia

Cresciuta sulle ginocchia del nonno tra le vendemmie.
Immersa alla scoperta del vino con il papà. Sommelier Ais per forza di gravità.
"Si mens et corpus homini vino flagraret"- la mente e il corpo dell'uomo ardono per il vino, recitava Platone. Da brava discepola laureata in Filosofia ma curiosa del mondo, passeggio tra l'Economia Civile ed un Master in Etica Economia e Management.
Hobby? Comunicare e scrivere.Così vago tra ospiti e interviste nel mio format radiofonico RadioWineDesign dall'istituto Italiano di Design di Perugia.
Articolista Freelance, perchè se non chiacchiero di vino sento il bisogno di traslare le parole su carta. Il fenomeno che mi piace analizzare? La comunicazione su Instagram.
Hai mai sentito parlare del WineErasmus? Il progetto che porta il vino on the road ?!
Collaboro sulla rivista "The Design Magazine" con la mia rubrica "Wine Design".
Per sapere di più, un Simposio platonico è quello che ci vuole.

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