Cantina Scacciadivaoli e il Sagrantino Metodo Classico

“Il vino si fa in vigna e poi in cantina.  Nel processo è però coinvolto anche l’edificio”. È con questa frase che Liù Pampuffetti ci ha accolti nella sua azienda di famiglia Scacciadiavoli. Locati a Montefalco sin dal 1884, grazie all’ingegno pionieristico del Principe Ludovisi e divenendo, pertanto, una tra le cantine più antiche di Montefalco,  in un periodo storico in cui

Non c’erano tecnologie e infrastrutture; la visione all’avanguardia del Principe Ludovisi è stata quella di comprendere le potenzialità  e l’essenza geografiche del luogo e di costruirne una cantina che potesse facilitare i processi manuali e non solo

È nata così un’azienda costruita letteralmente dentro la collina. Come se abbracciasse a pieno regime la natura. Un concept di 4 piani (più uno interrato, dove è posizionata una cisterna in cemento nel 1909, uno dei primi esempi di cemento nel mondo del vino, costituita da due diverse vasche: una da 545 l e l’altra da 550 l, ed oggi rivestita con vetro resina alimentare e utilizzata per l’assemblaggio del Montefalco Rosso) che lavora per gravità come una catena di montaggio. Parliamo quindi di un’autonomia gestionale della catena di produzione.

Un edificio considerato moderno all’epoca, che oggi facilita la produzione. Spostandosi per gravità, a partire dai piani più alti a scendere, il vino non viene stressato ulteriormente, mantenendo tanta qualità.Temperatura, umidità e ventilazione sono naturalmente gestite dalla collina

Rivolgendo invece un piccolo Focus di curiosità sulla scelta di un nome, Scacciadiavoli, tanto particolare, scopriremo che c’è dietro una famosa leggenda che lega la terra di Montefalco:
si narra, infatti, vicino la cantina c’era un piccolo villaggio in cui viveva un esorcista che con l’ausilio vino liberava le persone impossessate dal diavolo. Considerata la sua fama, il Borgo, ancora esistente oggi, venne rinominato per l’appunto “Scacciadiavoli”.
La cantina, antica e strettamente legata al luogo e alle sue tradizioni e origini, deve pertanto il suo nome alla sua appartenenza geografica. Questo forte legame si è tradotto poi anche nel nuovo design e packaging delle bottiglie. Quando storia e tradizioni creano uno storytelling aziendale davvero accattivante ma soprattutto di forte impatto comunicativo.

Azienda

  • 130 ettari, di cui 40 vitati
  • Terreni argillosi-lacustre: tanta longevità
  • Densità: 5500 piante per ettaro
  • Si allevano:
    • A bacca rossa: Sangiovese, Sagrantino,Merlot per l’Umbria IGT e Montefalco Rosso, oltre che per il Montefalco DOCG e la versione Passita (per quanto riguarda il Sagrantino).
    • A bacca bianca: Chardonnay, Grechetto e Trebbiano Spoletino.

Mercato

60% Umbria (considerando l’azienda storica ben radicata nel territorio), 5% Italia e restante nel mondo.
Per il Metdodo Classico, 80% in Umbria (per il metodo classico parliamo di 15mila bottiglia per tipologia).

Degustazione

Parliamo del loro Metodo Classico Rosè Brut, 100% Sagrantino (etichetta nuova 2019 per farla conoscere ad un pubblico più vasto, si veste con un design fresco, avvolgente e un packaging in 3D.), in produzione dal 2005.

 “Studiando i nostri terreni, abbiamo individuato una zona più fredda, meno vocata ad un vitigno medio-tardivo come il Sagrantino. Raccogliendolo in largo anticipo (fine agosto,due mesi in anticipo) abbiamo potuto appurare che il vino base aveva proprietà organolettiche adatte a un rifermentato: grande acidità, gradazione alcolica relativamente più bassa(11°%vol), ed un colore più tenue. Abbiamo fatto successivamente delle sperimentazioni di affinamento sui lieviti, trattandosi di Metodo Classico,partendo dai 12 mesi fino ad arrivare a 7 anni per la versione Brut Bianco (Sagrantino tagliato con Chardonnay), mentre per il Rosè 3 anni”.

Analisi

Metodo Classico Rosè Brut, 100% Sagrantino, Scacciadiavoli, 2014, imbottigliamento inizio 2015, sboccatura dicembre 2018.
La brillantezza visiva è d’impatto. Un rosa tenue, buccia di cipolla (qualche ora di macerazione in pressa per trarne fuori la sfumatura). Ricorda un po’ un tramonto caldo. Una bollicina fine che danza nel calice.Elegantissimo a naso, tra frutta a polpa rossa piccola, croccante, varietale come una fragolina di bosco ed una mora appena colta. Un floreale che rimanda ai fiori di pesco. Note minerali e speziatura delicata e dolciastra, ma spiccate. Avvolgenza al palato di una bollicina fine. Un ingresso verticale, un tannino timido ma pungente.

L’aspetto caratteristico del tannino, tipico del Sagrantino, è ancora vivido, rispettando in pieno regime la peculiarità ampelografica del vitigno (tra i più tannici al mondo).

Intervista completa a Liù Pambuffetti con Radio Wine Design

Bio Autore

Elena Di Vaia

Cresciuta sulle ginocchia del nonno tra le vendemmie.
Immersa alla scoperta del vino con il papà. Sommelier Ais per forza di gravità.
"Si mens et corpus homini vino flagraret"- la mente e il corpo dell'uomo ardono per il vino, recitava Platone. Da brava discepola laureata in Filosofia ma curiosa del mondo, passeggio tra l'Economia Civile ed un Master in Etica Economia e Management.
Hobby? Comunicare e scrivere.Così vago tra ospiti e interviste nel mio format radiofonico RadioWineDesign dall'istituto Italiano di Design di Perugia.
Articolista Freelance, perchè se non chiacchiero di vino sento il bisogno di traslare le parole su carta. Il fenomeno che mi piace analizzare? La comunicazione su Instagram.
Hai mai sentito parlare del WineErasmus? Il progetto che porta il vino on the road ?!
Collaboro sulla rivista "The Design Magazine" con la mia rubrica "Wine Design".
Per sapere di più, un Simposio platonico è quello che ci vuole.

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